Arte

Pericle Fazzini: Il Museo Bilotti celebra lo scultore del vento

In occasione dei 110 anni della nascita dell’artista – il 4 maggio 1913 – l’arte di Pericle Fazzini torna a Roma, dopo trent’anni dall’ultima mostra, con opere che ripercorrono l’intera vita creativa del maestro di Grottammare, definito da Giuseppe Ungaretti «lo scultore del vento».

 

 

Sono circa cinquanta le opere di Pericle Fazzini (Grottammare 1913 – Roma 1987) in mostra dal 25 marzo al 2 luglio a Roma all’Aranciera di Villa Borghese, ora sede del Museo Carlo Bilotti. La retrospettiva attraversa tutto il cammino creativo di Fazzini a partire dai primi lavori degli anni Trenta e Quaranta, come Donna nella tempesta e Il ragazzo con i gabbiani, passando in rassegna le diverse fasi di una carriera suggellata dalla Resurrezione della sala Pier Luigi Nervi (di cui sono esposti i bozzetti), il grande cantiere vaticano voluto da papa Paolo VI, a cui l’artista si dedicò in modo totale, fino allo stremo delle forze.

 

 

Il percorso espositivo chiarisce bene i punti focali dell’opera di Fazzini, a partire dal suo incontro con la Scuola Romana, dovuto al poeta Mario Rivosecchi che lo mise in contatto con artisti come Mafai, Scipione, Mazzacurati, Ziveri e con la gallerista Anna Laetitia Pecci Blunt e la sua Galleria. Curata da Alessandro Masi, in collaborazione con Roberta Serra e Chiara Barbato e la Fondazione Archivio Pericle Fazzini (catalogo De Luca), la mostra si rapporta in modo efficace con i diversi spazi del Museo Bilotti di Roma, collocato nel cuore di Villa Borghese. L’allestimento dà infatti vita a un rapporto armonico tra l’architettura, il paesaggio e la qualità di un artista capace di trasformare l’elemento naturalistico attraverso le forzature metamorfiche della sua rigorosa visione plastica. Le sculture di Fazzini sono conservate nei maggiori musei del mondo, dal Moma di New York alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, dalla Guggenheim Collection di Venezia al Centre Pompidou di Parigi e al Momat di Tokyo.

 

 

Il tema del dramma e della fragilità del corpo umano di fronte alle forze del mistero conduce in Fazzini a un sentimento di ineluttabile catastrofe bellica e prende forma soprattutto nella produzione artistica del secondo dopoguerra. La storia del Fucilato rende omaggio all’amico partigiano Giuseppe Gozzer, deportato nel campo di Hersbruck e morto per mano tedesca all’età di trentuno anni. Esposta alla Quadriennale di Roma tra il 1951 e il 1952, l’opera fu identificata dalla critica come una delle sculture italiane più riuscite sul tema della Resistenza. La nudità e la gravità del corpo, immortalato un istante dopo lo sparo, rievocano la plastica della Pietà Rondanini di Michelangelo. Un sentimento simile di tragedia e speranza cristiana è presente nel rilievo Esecuzione dei Partigiani in cui, sullo sfondo desolato di un campo di battaglia, vicenda storica e narrazione biblica si fondono.

 

 

Il tema sacro attraversa certamente tutta la produzione dell’artista, secondo il quale «ogni statua è una preghiera», e lo inserisce tra le più alte testimonianze dell’arte sacra del XX secolo. Il suo anelito alla bellezza come svelamento del Divino segna una svolta nella ricerca plastica che traduce il testo sacro delle Scritture in un dialogo tra Fede e Arte. Questo è particolarmente visibile nelle opere che preludono alla realizzazione della Resurrezione della Sala Paolo VI in Vaticano, come il  Cristo con le braccia sollevate verso il cielo della Fonte Pasquale, realizzate negli anni di affinamento di uno stile coraggiosamente degno di celebrare Cristo e la sua Chiesa. Lo scultore del vento riassume in modo sapiente la carriera di uno dei più importanti scultori internazionali della sua epoca, capace di donare potenza sacrale a tutti i multiformi versanti della sua opera.

William Persichilli