Storytelling

Il match Mayweather vs McGregor spiegato a mio figlio

Analisi approfondita e semiseria di una serata da un miliardo di dollari. Cosa possiamo imparare? Moltissimo. Ecco qui come.

«Rozzi, villani, feroci, fieri, mobili, irragionevoli… tanto sconvenevoli in questa nostra umana civil natura» erano «decorosissimi, in rapporto alla natura eroica…» così Giovambattista Vico descrive i comportamenti degli eroi omerici. L’eroe eccede in tutto, nei festeggiamenti e nel dolore, con le donne e con l’ira.
Il povero e il comune, devono restare umili e non peccare di “Hybris”, l’orgoglio che rovina; più la loro vita è comune e più è virtuoso restare comuni.
Gli eroi vivono, invece, in una sfida sempre più grande. È come una droga: il bisogno di battersi con qualcuno di sempre più potente; un guerriero, poi uno più forte, poi un eroe, un esercito e ancora un gigante, un mostro, forse un dio e infine la morte stessa. Un eroe non può fermarsi più o non sarà mai stato un eroe. In questo senso, tutti gli eccessi, le concessioni esagerate che si permette non sono un vezzo, sono un dovere.

Chi ama lo sport è abituato a vedere, anche fuori dalle mura circolari dei nostri campi da calcio, atleti di ogni disciplina che intrecciano indissolubilmente con fama, denaro e l’ammirazione immensa dei fan, anche scandali ed eccessi.
Modus vivendi che vale forse ancor di più per i combattenti; vite passionali, fatte di “discese ardite e le risalite su nel cielo aperto”, come le chiamava Battisti, tragedie e sofferenze, errori e coraggio gargantuesco.

<<Non posso vivere una vita convenzionale…Io voglio tutto: le discese ardite e le salite stordite. Certo potrei offendere qualche naso dal sangue blu con il mio incedere vanitoso… io non sarò mai il prediletto di chi schiocca la lingua, si alliscia la barba e parla di ciò che deve essere fatto di questo Homer Simpson>>

E per chi non ama per nulla la boxe e le arti marziali, voglio raccontare una storia. Un misto tra una fiaba e un thriller politico pieno di giochi di potere e colpi di scena. Una storia di regni strani, guerre di fama e vite estreme, giocate pericolosamente sul filo di un rasoio.

Ah! Per chi, invece, mastica la boxe come i comuni mortali la margherita con bufala, prima di salire in cattedra contro le (EVIDENTI) semplificazioni del racconto, pensate a quanta gente si è avvicinata per la prima volta a questa disciplina e adesso vorrà approfondire. Una bella boccata d’aria fresca.
Il tema è stato comunque affrontato inserendo tematiche piuttosto parallela.

In un vecchio articolo, “La gente ama la violenza“, abbiamo parlato dell’intimità, complementare al sensuale, della lotta. Ma perché un agire così solitario e personale, fa saltare dalle sedie milioni di persone?

Osservate anche cosa si vuole veramente raccontare in questo pezzo: dietro le luci e lo show, ci sono veri uomini e donne, con i loro alti e bassi. Possono essere dei giganti, come atleti, ed estremamente fragili come individui.
Gli eroi classici erano intrisi di difetti mostruosi, ma è (PROPRIO) per quello che, nel momento in cui si lanciavano contro una fiera invincibile, andavano ben oltre l’umano.
Gli eroi non sono perfetti, sono enormi.
Non sono un miraggio.
Sono un’ambizione.
L’eroe ci esalta e allo stesso tempo ci sfida per spingerci ad essere fieri di noi.

C’ERA UNA VOLTA…

Alle 2 del mattino del 26 agosto 2017, gli appassionati di sport si sono collegati a Tablet e PC; hanno preso la loro terza tazza di caffè e si sono messi comodi per una maratona d’incontri, che sarebbe culminata nel Main Event della serata, iniziato ben alle 5:00.
Non certo una novità per chi è ormai rassegnato ad eventi che prendono vita sempre e solo nella lontana America.
Eppure, questa volta qualcosa cambia.


Ci sono 3 differenze:

1) Questo è il MONEY MATCH, lo scontro da un miliardo di dollari!

2) I protagonisti assoluti, che chiuderanno la serata: Floyd Mayweather Jr. e Conor McGregor. In Italia conosciuti solo dagli appassionati, all’estero, soprattutto nei paesi natali (Usa e Irlanda), delle leggende.

3) Per una volta il fatto autentico non è l’incontro, anzi, per chi si aspettava “Rocky” non è stato neanche troppo spettacolare. No, il nostro racconto è tutto ciò che è accaduto prima.
E dopo.

I MODERNI GLADIATORI FANNO IL LORO INGRESSO NELL’ARENA

Il pubblico è stato scaldato da due ore di scontri e, come una fiera che ha saggiato il sangue, è ora più affamato che mai.
Si alza una musica.
Non è mai stata la musica che sceglieresti per qualsiasi combattimento.
Ma lui non è un combattente qualsiasi.
Risuona la voce serena e angelica di Sinead O’Connor.

Il pubblico grida.
Migliaia di cellulari e telecamere si alzano.
McGregor entra sul ring blu con aria mai così poco spavalda. Bandiera irlandese sulle braccia, team a guardargli le spalle e famiglia al fianco.

Secondi di silenzio che durano un’eternità.
Poco dopo la musica vira bruscamente verso il rap.
Il nome è inequivocabile: Money Team di Friyie

Le luci si abbassano e un boato sale.
Sale anche Mayweather e ci ricorda perché siamo tutti lì: è uno show? E allora che sia divertente.
Maschera nera e passerella.
Una folta schiera di cinture lo circonda, come un Cesare che torna fiero a Roma tra le insegne delle sue conquiste.
Mayweather ha sempre spadroneggiato, imponendo agli avversari tutto ciò che voleva.
Lui ci mette l titoli e i soldi, quindi lui avanza le pretese e gli altri le accettano.

Ma l’altro questa volta è uno sfidante insolito ed è riuscito a strappare due accordi, uno di questi riguarda i guantoni.
Questa notte il campione ha concesso guanti più piccoli, 8 once invece di 10: è una lotta?
E allora che scorra il sangue.

(Nella sua sobria eleganza, l’europeo ha criticato la poca classe dell’americano presentatosi in tuta a una delle tante conferenze-spettacolo, salvo che, zummando sulle registrazioni di ShowTime,  era possibile notare che le righe del completo non erano altro che la stessa frase, ripetuta migliaia di volte: l’equivalente italiano di “Vaffan C***”)

Che storia è?

È LA STORIA DI UN RE DI UN REGNO IMMENSO E RICCHISSIMO E DI UN PRINCIPE VENUTO DA LONTANO, CHE HA APPENA CONQUISTATO UNA TERRA FRESCA E FRUTTUOSA E CHE, INSAZIABILE, VUOLE SUPERARE I SUOI CONFINI.

(Foto Fight Clubbng)

Agli occhi di un pubblico superficiale, per conoscere Floyd Mayweather sembrerebbe essere sufficiente il suo soprannome, “The Money”, “I Soldi”. In effetti, con un patrimonio di centinaia di milioni di dollari, è il settimo atleta più ricco di sempre e il denaro è al centro esatto di ogni suo gesto, ogni comparsata in TV o al cinema, ogni intervista, persino ogni battuta.

Ma se guardiamo più a fondo, c’è un aspetto di marketing interessante che rivela molto della sua personalità. Facciamo un esempio: le provocazioni di ogni tipo, come la Money Challenge in cui, a bordo della sua limousine Rolls Royce foderata in pelle di chinchilla, sfidava internet a mostrare il proprio di stile di vita (scatenando le migliori ironie della rete, ma anche risposte che si prendevano sul serio di artisti e altri colleghi sportivi dai gusti sobri e raffinati, come il nostro Supermario Balotelli).

In generale le reazioni sono state pessime.

Beh, per lui è comunque una vittoria. Il suo pubblico gli è fedele e farebbe di tutto per somigliargli in piccolo, quanto a tutti gli altri, la risposta è molto semplice: più vorranno il suo sangue, più soldi saranno disposti a pagare per assistere alla scena.

“È una grande storia da raccontare. Una storia di vittoria.”
Delios, fu il primo eroe ad aver mai avuto l’opportunità di raccontare sé stesso. Ebbene la forza di Mayweather è racchiusa nel suo carisma tanto quanto nei pugni.

UN INIZIO INATTESO

McGregor è nervoso.
Si vede chiaramente dallo sguardo tesissimo.
Mayweather no. È all’incontro finale della sua carriera, sta partendo come favorito assoluto ed è pronto a portarsi a casa 350 milioni di dollari in 36 minuti.
Magari anche in meno…

L’arbitro si ferma parecchio tempo per le raccomandazioni di rito.
Guarda solo McGregor.
Il silenzio è elettrico.
Finalmente i guerrieri raggiungono ognuno il proprio angolo.
Il tempo rallenta e il match da un miliardo di dollari comincia.

DING!
1° ROUND
Come prima di una tempesta, il suono della campana segna un improvviso cambiamento nell’aria.
McGregor attacca forsennatamente.
Il suoi colpi grandinano.
Mayweather sorride. Fa quello che fa da sempre: para, schiva e para. Ma questa vota è diverso. Nessuno ha mai visto il suo avversario boxare, mentre i filmati dei suoi incontri sono stati studiati fino alla nausea.

Guardia blindata e risparmio di energie, contro guardia apertissima e foga.
The Money studia e si protegge, aspetta fino a metà del round per passare all’attacco.
Colpi rapidissimi.
Non entra.
Di contro, un montante centra il mento del campione.
Qualche secondo per riprendersi e ritenta l’attacco.
Tutto a vuoto.

Il lottatore tatuato prende confidenza e mette le mani dietro la schiena in segno di sfida. Vuole spingerlo ad aprirsi.
I tifosi irlandesi che hanno invaso Las Vegas, sono in delirio.

Lo sfidante saltella per tutto il campo, tenendo la distanza.
Il campione, famoso per la precisione e la tecnica, porta una combinazione, ma i movimenti indecifrabili del esordiente lo fanno impattare sulla spalla, invece che sul viso, e di nuovo un montante durissimo gli fa sobbalzare la testa.
Qui, però, fa valere l’esperienza. Non si scompone di una virgola, nessuna espressione trapela dal suo sguardo concentrato.
Da ora fino alla fine del round, non si muoverà più dalla difesa.

Tutto lo show è nelle mani avversarie, ma lui è sordo ad applausi e fischi. La sola cosa cui pensa è il non lasciargli fare più punti. Non gli interessa dimostrare di avere più grinta di un ragazzo di più di 10 anni di meno.
È lui il campione.

 


(It’s show time)

PERCHÉ RESTA SERENO?

I Super Eroi dei fumetti hanno delle Gimmick, delle trovate e delle caratteristiche che li rappresentano e a cui poi li associamo. I più ovvi sono il costume e i super poteri, certo, ma quelli che restano impressi nel marasma di colori e raggi laser, sono coloro che hanno anche molto di più: un qualcosa con cui identificarsi. Superman è il bravo ragazzo per eccellenza, Batman è un uomo duro e tenebroso, Spider-Man è povero e sfigato, Iron Man è ricco e play boy.

Che cos’ha Floyd “The Money” Mayweather?
I record.
Ancor di più: ha trasformato in un lavoro, il portare gli altri a volerglieli strappar via, fino all’ossessione.

A 19 anni vinse “solo” il Bronzo alle Olimpiadi di Atlanta.
Furente, fece una scelta precisa.
Da allora non ha mai più perso un solo incontro.
La lista di record e titoli prende un’intera pagina di Wikipedia inglese, ma cosa significa davvero?
Qui la faccenda diventa interessante.

Vedete, i match del pugilato professionistico non seguono la linearità di un torneo: non è scontato chi affronterà chi. Più un pugile batte un avversario forte e più salirà nel ranking, ma potrà affrontarlo solo se abbastanza pubblico sarà disposto a pagare pur di seguirlo. Ora… si possono dire tante cose su lui e il TMT (“The Money Team), ma non che sia particolarmente amato.

(In foto il ranking di Blandamura, pugile italiano in top 10 -Classifica Mondiale IBF -)

E non parliamo né dei guai col fisco, né delle accuse di violenza domestica, è tutto da dimostrare e, in fondo, tanti atleti hanno fatto follie fuori dal campo e sono ugualmente molto amati. No, lui segue uno stile di combattimento estremamente conservativo. Fatto di una guardia perfetta, ma che può piacere solo ai puristi della tecnica e solo riguardando al rallenty le azioni.

Per usare estreme semplificazioni ed esempi che possano conoscere tutti, la difesa nella boxe si può dividere in: Jack LaMotta (film “Toro Scatenato”), dove ti fai massacrare tipo Homer Simpson e poi rispondi quando l’altro è stanco; Micky Ward (film “The Fighter”) tutto cuore e colpi intercettati; Mike Tyson, la cui rabbia lo faceva muovere ad una velocità tale, e flettere così basso, che è difficile da spiegare in un uomo tanto enorme; infine il meno conosciuto Lomachenko, che gode (e ci fa godere) di uno stile dalla spettacolarità immensa, caratterizzato da ampie schivate e movimenti elegantissimi.

Il re… adotta una linea di pensiero diversa.

DING!
2° ROUND

Parte a testa bassa. McGregor è decisamente votato all’attacco.
Mayweather è già all’angolo dopo 7 secondi. Non contrattacca più. Para, schiva e tiene la distanza. Nel primo round l’avversario era riuscito a entrargli bene, ma solo in scambi fulminanti. Parare questi colpi caricati, è il pane quotidiano di Mayweather e quasi nessuno di essi trova il bersaglio. Una schivata verso il basso e McGregor si spazientisce, lascia i diretti e prova con una serie di colpetti rapidi ma poco utili, a martello, che colpiscono alla nuca.
Richiamo del arbitro.

L’irlandese riprova di nuovo con i colpi di potenza, ma fatica a superare la barriera di guanti. Per poter far male, riprende nuovamente la sua strana guarda aperta, disposto a incassare pur di lanciare attacchi da punti ciechi.
Mayweather continua invece a non concedere nulla. Non approfitta degli spazzi, non si prende rischi, non concede slanci al pubblico.
Fa una cosa e una sola, ma è impeccabile.
Resta composto e tiene le distanze.

MgGregor carica di peso sfruttando la maggiore fisicità, con una buona tecnica ma sbagliando completamente il tempo; finisce così per “abbracciare” la schiena del suo avversario con il braccio destro per non farlo muovere e lo tempesta di sinistri, che impattano, però, tutti sui guantoni.
L’arbitro li separa, il round finisce e McGregor ha ricominciato a sorridere. Per quanto si sia difeso bene, il campione della boxe ha passato un intero round a parare e incassare i colpi di un esordiente.

Una cosa è chiara: verrà pure da un altro sport, ma il campione di MMA sa decisamente boxare.

(internet è un luogo meraviglioso… – sempre foto di Imgflip)

PERCHÉ MUOVERSI COSÌ? COMBATTERE SENZA MAI REGALARE UN IMPETO SPETTACOLARE?

 Volendo comprenderne la tecnica, ci basta ricordare che, dopo Money, il suo secondo soprannome è “Pretty Boy” (Bel Ragazzo), in quanto non ha mai subito, in un’intera carriera ai massimi vertici, particolari traumi facciali.
Per cogliere la dimensione di questa scelta, si dovrebbe vedere il suo match contro Pacquiao.

“The fight of the century” (L’incontro del secolo), così lo chiamarono, il match più redditizio fino ad allora e anni di attesa (se ne facevano battute già ne “Il Dottor House”), per i fan di tutto il mondo. L’incontro tra 2 dei pugili più forti del tempo, quelli che hanno battuto il maggior numero di campioni. Ai tempi, ognuno si era già ritirato almeno un paio di volte ma tornarono per il pubblico, per i fan e soprattutto (quella volta sì) per la gloria, per mettere in chiaro, una volta per tutte, chi fosse il più forte.
Per gli appassionati fu un evento unico. Sentitissimo.

Veniva visto come l’incontro del bravo ragazzo (Pacquaio, ormai uomo), dal cuore generoso fuori dalle corde, tutto coraggio e passione, dentro.  Aveva vinto in ben 8 classi di peso diverse, perché da bambino era minuto e poverissimo, ma, nel tempo in cui ha gareggiato, ha continuato a crescere e sviluppare.
Contro di lui, il ragazzo ricchissimo, che aveva conquistato il trono mentre l’altro non era in attività, insultato ogni altro campione e che combatteva con un fioretto in mezzo a guerrieri con la spada medievale… battendoli.
Peggio, umiliandoli.

Insomma, per Pacquiao tifavano anche i piccioni per la strada.
Una serata che prometteva fiamme, esplosioni, nuvole di sangue, frittatona di cipolla e rutto libero.
Si rivelò invece un fiasco su tutta la linea, un incontro lentissimo, con poche azioni da ricordare e che si risolse in balletto in 4 tempi:
M. fugge indietro, poi abbraccia.
M. para, poi abbraccia.
M. colpisce indietreggiando, poi abbraccia.
M. colpisce avanzando, poi abbraccia.

(in foto campagne web contro Mayweather)

Inutile dirlo, la gente era furibonda.
Non esiste una sola recensione positiva di quella sera e chiunque, a ragione, ne incolpa la strategia di Mayweather.
A tutto ciò, egli diede più o meno la stessa risposta dei suoi momenti più bassi (come quando mando KO Ortiz con un colpo legittimo ma vergognoso):
“Voi siete quelli che non capiscono niente di Boxe… io quello che ha vinto”.
Ma soprattutto:
“Voi siete i commentatori, io il campione più ricco di sempre.”

E aveva ragione.

A nessuno diverte il suo modo di combattere, ma tutti sono catturati dalla cura di quei movimenti.
A nessuno sta simpatico il suo modo di fare, ma una volta che hai accettato il personaggio, le sue sparate e gli insulti ti iniziano a divertire.

Eccolo, il prezzo della giostra per accedere a un’udienza col re: gli avversari vengono prima umiliati per mesi.
Devono sedurlo, attirarlo fuori come un drago dalla stanza dell’oro, con fior di interviste, sfide aperte e dichiarazioni pubbliche roboanti. Più loro rincarano la dose, più clausole sono tenuti a rispettare.
Sua maestà, infatti, sa bene chi è il campione e chi mette titoli e soldi al rischio; se gli avversari vorranno insidiarne il tesoro, dovranno sottostare a qualsiasi sua voglia e firmare ogni carta gli verrà in mente di presentargli sotto il naso.

Tutto questo, rigorosamente, sempre e solo davanti alle telecamere.

Insomma, più egli continua a vincere senza sforzo (apparente), più sfidanti bussano alla sala del re con sempre maggior vigore, per ambire a poter essere quel qualcuno in grado di strappargli il sangue, il trono (e i milioni di dollari).
Più questi pretendenti si mostrano come dei giganti, negli incontri col pubblico, a conferenze e show televisivi, più grande ne risulta la figura del sovrano.

Dentro e fuori da quelle corde, Mayweather si è sempre fatto detestare e ammirare.
Qualsiasi cosa tocca si trasforma in uno show.
Ogni show, denaro.

Il contraltare è che, per garantirsi quell’aura di intoccabilità, non ha mai potuto permettersi neanche una sconfitta, o la magia si sarebbe interrotta, quindi non si è mai concesso neanche un rischio.
Non vuole “Risollevarsi da una caduta”, non vuole sembrare più umano o resiliente.
Non punta alla solidarietà.

Non gli interessa che la gente soffra con lui, perché costui è un pugile che non ha nessuna intenzione di soffrire.

C’è un’interessante intervista in cui dichiara (non del tutto a sproposito), che Mohamed Alì era sempre stato un istrionico carismatico, ma che se oggi è un simbolo, all’inizio della sua carriera non fu affatto amato. Il suo modo di combattere, leggero e con ampie schivate che facevano sembrare dilettanti gli avversari, unito alla boccaccia larga, lo rendevano antipatico. Cominciarono a sentirlo vicino, quando ha iniziato anche a incassare i colpi più pesanti ,per poi rialzarsi con coraggio…
e passare gli ultimi anni della sua vita, intrappolato tra le spire dell’Alzheimer.

Il re non vuole quella sorte. Nella storia ci è entrato con le sue vittorie, la leggenda la lascerà a qualcun altro perché ha 40 anni, il corpo di un dio pagano in ebano, il volto intatto e centinaia di milioni di dollari.
Per quale ragione, preoccuparsi di essere ricordato con tenerezza dagli storici dello sport, tra 50 anni, se si è appena comprato uno Stip Club pieno di donne di colore, dal sedere enorme, che twerkano?

<< Non voglio raggiungere l’immortalità attraverso le mie opere; voglio raggiungerla vivendo per sempre.
Non mi interessa vivere nel cuore degli americani; preferisco vivere nel mio appartamento>> Woody Allen

Lui ha sempre voluto i soldi e fare tutto secondo le sue regole, per farlo ha dovuto seguire una sola regola:
Vincere sempre.
A qualunque costo.

Si dice che quando Jamukha attaccò a sorpresa Gengis Khan e ne fece bollire vivi i generali, quest’ultimo pronunciò una frase che anni dopo avrebbe portato alla creazione del più grande impero della storia:
“Non importa cosa dovrò sacrificare, giuro che non sarò mai più sconfitto, né i miei uomini umiliati”.

Da quella sconfitta a 19 anni, come “pugile olimpico”, Mayweather non ha più concesso nulla.
Ora,  potrà chiudere la carriera da “pugile professionista”, con la possibilità di battere il record di Marciano: arrivare a 50 vittorie e 0 sconfitte.

Secondo Sam Girard, che fu mandato KO da un giovanissimo Mayweather, il pugile fa assolutamente bene a non preoccuparsi del giudizio sul suo stile, lo sport in fondo è “colpisci e non farti colpire”. Ritiene che fosse leggermente più aggressivo agli albori ma che, tra l’altro, abbia dei problemi alle mani: “That’ll make a guy run too. Your hands are hurt, you can’t punch, what good are you?”
Si tratta di un’arte tutt’altro che facile da padroneggiare.

COSA GLI RESTERÀ IN MANO (a parte i soldi) ALLA FINE DI TUTTO QUESTO?

La sua fama e le polemiche sono legate a doppio filo, con il continuo tentativo di far sembrare gli avversari degli stupidi, sopra e fuori dal ring.
Chi sarà Floy Mayweather, quando sarà finito tutto questo? Quando anche quella serata sarà conclusa?

All’inizio del nostro racconto, si trova pari con lo storico campione con un personale di 49-0 e solo il principe venuto da lontano a separarlo dalla storia. Un record cui tiene, certo, ma che per lui che si era già ritirato più volte senza preoccuparsene, forse non era essenziale.

(ancora un’immagine di Imgflip)

Perché?

Perché dal suo punto di vista, a questo punto della nostra storia non siamo affatto all’inizio, ma alla fine: intorno alla sua figura si sono mossi giri d’affari degni della finanziaria di uno stato e ha battuto il maggior numero di campioni di sempre. Forse non gli interessava più niente della gloria o dello show.
Forse.
Forse no.
Ma ormai è lì.
Un solo uomo davanti all’ultimo record della sua vita.
Davanti all’ultima meta.
Non ha intenzione di lasciarglielo tanto facilmente.

E se anche fosse vero che per lui la sola ambizione è soltanto “fare più soldi possibile, ma conservando la testa in modo da poterseli godere”, nessun match avrebbe mosso più soldi di quello…

E c’è sempre quello stesso uomo a sbarrargli strada.

MA CHI È STATO A RACCOGLIERE LA SFIDA? QUALE PUGILE PUÒ ESSERE IL COMBATTIMENTO NUMERO 50? L’OSTACOLO FINALE AL RE? CHI È RIMASTO NEL MONDO DELLA BOXE?

La risposta?
Nessuno.

Perché Conor McGregor non ha mai disputato un solo incontro di pugilato.
Un esordiente assoluto, sfida il campione.
La “noble art” secolare, contro un’organizzazione fondata nel 1993.

Ma chi è questo principe venuto da terre lontane?
Perché proprio quest’incontro è sulla bocca di tutti?

The Notorius, questo il suo soprannome, è un genio assoluto delle Arti Marziali Miste (MMA), la disciplina più completa e complessa nel panorama degli sport da combattimento. Un’arte giovanissima ma con un successo enorme e introiti in immensa ascesa. Essa richiede di padroneggiare molteplici tecniche di pugni, calci, prese, proiezioni, gomitate, ginocchiate, leve articolari e strangolamenti.
In questo ambiente di principessine delicate, si è conquistato il 2° posto nella classifica pound for pound, vincendo la cintura in due diverse categorie di peso e diventando il primo lottatore nella storia della UFC, a detenere contemporaneamente due titoli mondiali.

Qual è il peso della UFC (Ultimate Fighting Championship)?
È la federazione più importante, nel panorama del “regolamento unificato” delle Arti Marziali Miste, a livello mondiale, nonché la madrina della serata. Suo il sito, cui si sono connessi milioni di persone per questo match (che resta pur sempre di pugilato); nel arco di pochi anni è entrata di prepotenza nella cultura popolare di massa, dai Simpson a Hollywood.
Il suo gioco avvine su un ampio spazio ottagonale, su di essi c’è la possibilità di essere colpiti un po’ da qualunque parte per 3 round (in rari casi 5) da 5 minuti. Questi, potenzialmente, possono anche essere passati per intero in una lotta a terra, cercando la giusta leva a un braccio.

La UFC ha fatto dei suoi punti di forza: la capacità di unire variabilità con pragmatismo, ferocia con finezze tecniche.
Ha preso un prodotto di nicchia con appassionati fedeli (ma pochi), e un’immagine di sé brutale, e lo ha trasformato in un prodotto da showbiz che, al pari dei film, amplia la platea degli appassionati e attira “i tifosi della domenica”.

Attuale stella e volto più noto, è proprio lui: Conor “The Notorius” McGregor.

Quindi, come i bambini fanno con pupazzetti e mostri, si voleva giocare a “CHI VINCE ALLA LOTTA”?
Anche… ma c’è di più…
molto di più…

Perché questi due non sono diventati dei portabandiera, soltanto perché bravi a menare le mani.

<< Achille si ritira dalla guerra, smette di combattere. Privo del suo campione, l’esercito greco subisce sconfitte cocenti. I suoi commilitoni muoiono a migliaia, ma Achille non se ne cura. Solo quando viene ucciso l’amatissimo Patroclo torna a combattere: deve uccidere Ettore, che lo ha ucciso. Di eccesso in eccesso, eccolo celebrare i funerali dell’amico, sulla cui pira brucia dodici giovani prigionieri troiani. E per finire, dopo averlo ucciso, strazia il cadavere di Ettore, trascinandolo nella polvere, legato al suo carro. Alle preghiere del vecchio Priamo, padre dell’eroe, che offre oro e bronzo infiniti come prezzo del riscatto, il nostro eroe manifesta pulsioni a dir poco inquietanti: se potessi, dice, farei a pezzi il cadavere di Ettore e ne divorerei i brani. “Achille la bestia”, lo chiama Christa Wolf. Eppure, è il modello dell’eroe.>> Eva Cantarella.

(McGregor durante la pre-fight conference di UFC 205. Ph. Foxsport)

Se Mayweather è un uomo carismatico, McGregor è i Rolling Stones.
In quattro anni è diventato, secondo il Time, uno dei 100 personaggi più influenti al mondo.
Il suo modo di gestire le conferenze, le interviste e le apparizioni in TV, gli spettacoli ecc. è totalmente folle e incredibilmente divertente. Sembra un misto tra Tom Cruise, Robin Williams e Jim Carrey… tutti sotto cocaina.
Ma per dirla in termini aulici: “Non ci è, ci fa”.

Dal diciottenne, idraulico mancato, che sopravviveva grazie al sussidio pubblico, all’incontro col più grande giro di denaro della storia?

Questo perché oltre a vincere, solo il suo account Instagram ha 13milioni di follower.
È ben oltre la fama del singolo sport, è diventato quel che Adorno definirebbe “un persuasore silenzioso” (o rumoroso in questo caso): anche per chi non lo conosce, moltissime sue espressioni sono entrate nel parlato quotidiano.

DING!
3° ROUND

Inizia come una fotocopia dei precedenti. In 10 secondi McGregor spinge il rivale all’angolo e lo colpisce ripetutamente al corpo, costringendolo ad abbassarsi in  avanti, quindi gli porta un altro colpo “a martello” sulla nuca.
Nuovo richiamo arbitrale.
Tutta la prima metà del round è un continuo attacco di McGregor che, a soli 1.26 minuti rimasti, inizia ripetutamente a infastidirlo con il Jab. Il campione non riesce neanche ad avvicinarsi.
Si limita quindi a proteggersi.
A pochi secondi dalla fine, McGregor si ritrova nuovamente a legare con una bella statuina e, quando l’arbitro li separa ancora, è evidente che nei tre minuti precedenti c’è stato solo McGregor.

Mayweather si siede ascoltando il suo allenatore, il padre (con il quale ha avuto un rapporto complesso, in entrambi i ruoli). Mayweather Senior ha i capelli grigi, il volto scavato ma la voce salda. Il figlio assimila senza bisogno di guardarlo. Il suo sguardo è fisso davantia sè, ha fatto tutto questo mille e mille volte, ma quando nota le telecamere, sfoggia il suo sorriso più rassicurante: “Andrà tutto bene”

McGregor e il suo team sono euforici e mentre gli passano il ghiaccio sul corpo, notiamo che lo sguardo teso dell’inizio è sparito. È tornato il leone che grida e da spettacolo.
Sta andando bene.
Ancora di più, sta andando come aveva annunciato.
Per la prima volta, pian piano, un’idea folle comincia ad insinuarsi nel pubblico.

PUÒ UN UOMO AL SUO ESORDIO IN UN NUOVO SPORT, RIUSCIRE DOVE NON ERA RIUSCITO NESSUN ALTRO GRANDE CAMPIONE?

Oltraggioso con gli avversari, prima di sfidarli, e rispettoso dopo averli sconfitti.
Istrionico, volgare e folle con i fan, umile e affettuoso con le persone che lo seguono ovunque: l’allenatore, la sorella e la moglie. Il rapporto con quest’ultima è uno dei più stimati e sognati nel mondo dello sport:

(In foto: Conor e Dee McGregor non sono eroi epici, ma le foto dei loro abbracci a fine incontro, fanno comunque sognare) 

<<Stiamo insieme da più di otto anni. Vivevamo in Irlanda, a 30 km da Dublino, in un appartamento preso in affitto grazie ai 188€ del sussidio di disoccupazione. Non avevo un lavoro perché passavo tutto il giorno in palestra. Ero convinto che sarei diventato campione e anche lei ci ha sempre creduto. Lei credeva in me. Nonostante i problemi economici, Dee ha cercato di farmi mangiare bene e si è presa cura del mio regime alimentare. Quando tornavo a casa dopo un duro allenamento mi diceva sempre “Conor, tranquillo, ce la farai!”. Adesso guadagno milioni di dollari. Migliaia di persone vengono ad assistere ai miei match. Posso permettermi di comprare qualsiasi macchina, vestito o casa. Voglio darle tutte queste cose e altro. Dee è ancora qui, al mio fianco, a ricordarmi che posso raggiungere qualsiasi obiettivo>>

Penetrarne la psiche, ci aiuta molto a analizzare il modo di combattere di quest’uomo contraddittorio.
Allo stesso tempo, spiega perché sia amato da un pubblico tanto variegato.
Il suo modo di comportarsi è totalmente imprevedibile, ma, poiché riesce a tenere fede a tutte le sue promesse, invece di rivoltarglisi contro, manager e sponsor hanno deciso di investire cifre astronomiche su di lui.

Per Conor, come per chiunque altro, il modo di combattere è un riflesso della propria personalità.
E lui è…
È…
“storto”…
Difficile riuscire a descriverlo meglio.
Si muove in un modo che dall’esterno appare scomposto e sconclusionato.
Ha una guardia mancina ma con un sinistro molto basso.
Una posizione fortemente laterale, tipica del Taekwondo, pur tirando pochissimi calci.
La sua arma più devastante è il “counterpounch”, cioè evita un pugno per un cm e ne mette contemporaneamente un altro. Un colpo che, pur eseguito in brevi distanze, risulta potentissimo, perché sfrutta la carica cinetica accumulata dal avversario che attacca. Dunque sembrerebbe nulla di strano in questo caso, eppure la particolarità c’è: utilizza questa tecnica rischiosa facendo pochissimo gioco di piedi, e, invece di fare passi indietro, si affida a mobilità da contorsionista e riflessi straordinari.

Si arrischia a sbilanciarsi in angoli estremi ma al tempo stesso i suoi colpi sono imprevedibili e terribilmente efficaci.

Allenatosi con team di veri scienziati della fisiologia, può vantare anche di essere seguito personalmente da Ido Portal, guru del “Movement Culture”. Un mostro sacro del consapevolezza cinestetica, della coordinazione, della mobilità e dell’equilibrio.
Insieme, hanno rivoluzionato il mondo del allenamento per il combattimento, che era cambiato pochissimo dagli albori, fatto di circuiti, pesi e sacchi.

È tutto questo, oltre alla novità del esordio, che rende lui tanto imprevedibile su un ring di pugilato e il pubblico tanto curioso nel vedere “cosa si inventerà ora”.

Il problema è che il pugilato moderno non è strutturato per “inventarsi” follie scomposte.
Le Arti Marziali Miste sono, sì, altrettanto tecniche, ma, per loro stessa natura, decisamente più flessibili.

L’allenamento di McGregor lo ha portato a muoversi in un modo incredibile e a vincere più di chiunque altro nella UFC . Ma, ed è un grosso ma, tutto ciò può andare bene per uno sport che si presta a movimenti ampi e fluidi, pochi round da 5 minuti e tante variabili diverse.

Ora però deve farsi 12 round, su un terreno dove a farla da padrone, sono gesti rapidissimi e di estrema precisione, per superare impenetrabili tecniche perfezionate con cura millesimale e guantoni ampi come muraglie.
Non solo, ma il suo battesimo del fuoco è contro chi ha fatto della purezza tecnica e dei movimenti minimi e impercettibili, il proprio punto di forza.

Anche i più accaniti tra i fan di McGregor, non credono realmente che possa vincere.
Non davvero.
La verità è che, in fondo, non ci ha creduto mai nessuno…
Consapevole di questo, a pochi mesi dalla fine della sua preparazione McGregor ha fatto una promessa:

avrebbe battuto il campione al 4° round!

Sarebbe riuscito ad approfittare del effetto sorpresa, per fiaccarlo nei primi 3 e concluso il successivo, schockando il mondo.
In un’intera carriera, solo 2 volte aveva speso più di 12 minuti per mandare KO l’avversario e soprattutto: non aveva mai mancato una promessa.
Questa volta prometteva la guerra.


(i contendenti si sono promessi guerra per mesi con minacce e insulti. Durante la promozione in Irlanda, i tifosi di McGregor, fomentati dalle dichiarazioni sempre più dure, hanno danneggiato una delle auto di Mayweather – P.S. no, questa non è una foto del accaduto ma Achille che umilia il corpo di Ettore, eroe che non poteva vincere)

DING!
4° ROUND
In 3 secondi Mayweather è alle corde e McGregor lo tempesta senza prendere fiato. Questa volta punta tutto al corpo. Pretty Boy si lamenta con l’arbitro per un colpo quasi sulla conchiglia, che è però proprio appena entro il regolamento e che l’arbitro non chiama.
Continuano i pugni e The Notorius non gli lascia alcun momento per reagire, finché l’arbitro non lo incoraggia ad alzare il bersaglio, troppo al limite, interrompendo la catena.

Nei suoi tentativi di parare i colpi successivi, Mayweather intreccia le braccia con l’avversario, guadagnando un paio di secondi in cui lo centra al basso ventre.
Intervenuto l’arbitro, l’americano ha deciso di non volersi fare un altro round di rimessa e colpisce con potenza.

Ci sono diversi scambi per entrambi ma a metà dei 3 minuti, i riflessi e la precisione che hanno reso Mayweather l’imbattuto, stanno decisamente rovinando i piani di McGregor.
La pulizia della sua tecnica e la velocità lo rendono un’anguilla e McGregor lega ancora per sbaglio alle spalle.
Deve decisamente riprendere fiato ed è costretto a rallentare, l’avversario lo punisce con potenti colpi al viso.
Nell’ultimo minuto si vede la differenza di stile, e soprattutto d’esperienza, nei due campioni.
L’irlandese, stanco, non retrocede e non si mette sulla difensiva. Avendo dovuto abbandonare la strategia della attacco costante e non potendo più contare sugli scambi veloci, si piazza stabilmente sulle gambe e gli assesta i migliori colpi possibile.
Sta volta pochi, ma buoni.

Così, Mayweather è costretto a cambiare ancora, troppo rischioso provare a finalizzare il suo momento di vantaggio con la ricerca del KO, strategia che probabilmente sarebbe stato un gran regalo al pubblico ma anche al avversario che lo aspettava saldo sulle gambe; piuttosto avanza comodamente con i guanti davanti al viso.
Schiva quando può e lega quando deve.

Mancano pochi secondi e il piano di McGregor è andato a rotoli, se vuole inventarsi qualcosa deve farlo alla svelta. Cerca quindi di far infuriare l’avversario con dei colpetti alla nuca, ogni volta che legano.
Una volta.
Due volte.
Tre volte.
L’arbitro si arrabbia, ma il suo avversario resta impassibile.
Suonata la campanella, l’americano si ferma un secondo a dirgli qualcosa che solo i due sapranno, ma lui, che ha sempre avuto un’ultima parola (e perlopiù una parolaccia) per tutti, non si volta.
Lo attendono il ghiaccio e lo sgabello.
Questa volta viene prima il bisogno riprendere fiato.

Non è riuscito a mantenere la sua promessa e ha perso il round. Ma è stato in grado mettere in difficoltà il campione in casa sua e l’incontro è ancora lungi dal finire.

In fondo è l’evento delle follie anche per gli esperti e per il pubblico.

IN VERITÀ, NESSUNO TRAI PUGILI AMA PARTICOLARMENTE MAYWEATHER, EPPURE TUTTI SPERANO VINCA.

Un purista della boxe già fatica molto ad accettare un evento puramente goliardico come il Money Match (che pur non essendo il primo, è stato preso fin troppo sul serio per oltre un anno), ma l’idea che un esordiente possa sfidare chi non è mai stato battuto (e che tutti vorrebbero battere) è quasi blasfema.
Ancora più grave, lo sfidante non viene solo da lontano, da un’altra disciplina, ma addirittura dalle Arti Marziali Miste, e queste, per i più tradizionalisti, hanno l’aspetto di quel che a Roma verrebbe definito “Na cafonata”.

Quindi in gioco c’è molto di più.
Troppo.
Non deve vincere solo “Mayweather il campione”, deve confermarsi la boxe.
Gridare al mondo che essa è ancora là nel Olimpo, per restarci nonostante l’arrivo dei nuovii titani.

(Foto Flickr)

Se così non fosse, significherebbe che hanno ragione “gli altri”, che un lottatore di arti marziali miste può surclassare un pugile in tutto, fin anche nel suo regno. Che la completezza è a tutto vantaggio della specializzazione.

Questo era uno dei sentimenti più diffusi, e più o meno esplicitato, sui forum specialistici italiani e internazionali.

Cerchiamo di percepire l’impatto che tutto questo avrebbe anche fuori da questi due microcosmi: se il nuovo modo di immaginare un atleta è migliore sotto ogni aspetto, allora tutto il mondo degli sport e delle arti marziali classiche, avrebbe senso di esistere al massimo come tradizione…
Questo può sembrare di poco conto, ma valutate il peso che hanno quelle strategie, quel modello di allenamento e in generale tutto un modo di prepararsi ad affrontare una lotta (non solo nella boxe) per chiunque si occupi di sicurezza. Persino le regole e i tipi di tornei, influenzano il modo di allenarsi, dalla ragazzina che vuole indossare i suoi primi guantoni, all’agente di polizia, sarebbe la conferma che tutto è assolutamente obsoleto rispetto a questo nuovo mondo.
Ovvio che chi si occupa di sicurezza, come un militare, non si forma come un pugile, e neanche come un judoka ecc, però, tutto il mondo dei professionisti cui si relaziona in modo più o meno diretto, sono di certo cresciuti, nelle loro competenze, all’interno di un mondo fatto di sacchi e guanti. Persino le loro strutture e attrezzature si sono evolute parallelamente a quelle sportive.

Per tornare al puro sport, nella nostra Italia, tra i commenti più al vetriolo nei confronti del Mixed Martial Artist dalla lingua lunga, abbiamo visto nomi d’eccellenza come la pagina dedicata al defunto campione del mondo Giovanni Parisi e lo scrittore Marco Nicolini, che è per il Pugilato un po’ quel che Federico Buffa è per il Basket e il Calcio.
Anche se, come chi scrive, rispettate McGregor, una volta finito di leggere quest’articolo (anche lasciare un like e condividere, fa bene al cuore!), fareste comunque bene a recuperare, le loro analisi assieme al video di Alessio Sakara, grande orgoglio italiano, che ha il punto di vista privilegiato, con il suo passato da ottimo pugile e un presente straordinario nelle MMA.
In particolare, ascoltate le riflessioni di Sakara sulla capacità del web di semplificare e banalizzare concetti complessi, senza saper realmente toccare i punti fondamentali di una riflessione.

DING!
5° ROUND
Solo in 2 occasioni McGregor aveva combattuto così a lungo.
Oramai ha capito che non può continuare a lavorare così tanto di potenza col destro. I colpi che è riuscito a far entrare sono stati per lo più sinistri rapidi, tenendo la distanza, oppure di rimessa.
Questo, anche grazie alla sua maggiore mole.
Non può batterlo sulla tecnica, neanche tra altri 20 anni di boxe, ma se fa attenzione quando esce lateralmente e continua a tenere duro, con un po’ di fortuna, può riuscire là dove non era mai riuscito nessuno.

Anche Mayweather deve fare delle scelte: sta facendo bene a tirarla per le lunghe, il suo avversario non nuota mai in acque profonde e, al contrario, lui le ha come habitat naturale del suo stile conservativo. Tuttavia deve anche colpire più duro. Lo ha fatto, ma poco e ha visto che lasciare troppo spazio al suo avversario, lo rende pericoloso. Deve anche lavorare sulla psicologia, McGregor si muove in modo convulso finendo spesso per essere richiamato, legando da dietro, e rischiando ammonizioni; se riesce a restare lucido e continuare a farlo sbagliare, si porterà a casa dei soldi molto facili-

(Foto: una creazione di Fight Clubbing)

Il 13° minuto di combattimento comincia in maniera molto più lenta.
Nessuno dei due ha ancora fretta.
Per il resto, lo spettacolo si ripete in maniera simile a quanto visto ed entrambi si attengo a ciò che sanno fare meglio.

McGregor tiene la distanza con il sinistro, mantenendo una guardia molto aperta.
Il re para tutto quello che può con le spalle e quando vuole attaccare si china fulmineo in avanti, sicuro della sua guardia, allenata letteralmente fin da prima della nascita del principe.
Questi, non riuscendo a intercettare quelle schivate fulmine, prova a tirare dei colpi di mortaio sulle braccia avversarie ma già dopo 40 secondi l’arbitro lo deve richiamare: lo sta trattenendo con un braccio in basso, “legandolo” in vita.
Da lì, una presa al collo sarebbe stato l’ABC nelle MMA, ma qui veste i panni stretti di un pugile e deve liberarlo.
La cosa si ripete più volte nell’arco di pochi secondi.

Le donne di Mayweather urlano di rabbia, lui invece gioca.
Quasi non tira un colpo: resta chiuso e avanza impassibile tenendosi appiccicato al corpo di MgGregor, che non ha abbastanza spazio per caricare i colpi, deve combattere contro l’istinto di fare movimenti non ammessi e non sa come uscirne.

Quando il lottatore prova ad allontanarsi, viene colpito da un diretto al busto del pugile.
Quando avanza, viene bloccato dal corpo avversario e quando prova a divincolarsi, commette infrazioni.
Comincia a ballare tutto intorno al ring.

Mayweather, con la sua guardia stretta, è al centro e gli basta solo aggiustarsi a piccoli passi, per colmare la distanza che McGregor deve coprire a balzi, ruotando vicino alle corde.

L’irlandese non vuole rallentare, continua a cercare un varco ma nel ultimo minuto, per trovare spazio, è costretto a spingere l’avversario, che insiste nel voler stargli incollato addosso, e così facendo si ritrova più volte con le braccia distanti; un invito al mento che l’americano non rifiuta neanche una volta.
L’esordiente passa gli ultimi trenta secondi a indietreggiare, legare e fare fallo.

Sempre più fischi cominciano ad alzarsi dalla folla, eppure non rallenta fino alla fine.
Innervosendolo con quei colpi leggeri ma non consentiti e decisamente dispendiosi, riesce a far abbandonare a Mayweather la strategia. Solo per un attimo, ma ha così la possibilità di mettere un paio di bei colpi. Sta tuttavia puntano tutto su un immenso sperpero di energie.

Quando la campanella suona, ha sempre meno fiato e uno zigomo sempre più paonazzo.
L’americano è nervosissimo. Finito il round, resta a centro ring e dà uno spintone all’avversario. Prima di una reazione interviene l’arbitro, che spinge bruscamente il vecchio campione verso il suo allenatore.
Ai rispettivi angoli, l’umore dei due team con gli atleti è ben diverso.

La partita si sta rigirando?

(Foto: un antico Conterpunch, tra le tecniche più efficaci di entrambi i nostri lottatori)

NESSUNO CREDEVA REALMENTE CHE MCGREGOR AVESSE UNA CHANCE,  MA HANNO SCOMMESSO LO STESSO SU DI LUI.

Su quel folle al suo primo incontro di boxe, si erano concentrate il 90% delle scommesse, per due ragioni:

1) Lo ha raccontato in un’esilarante analisi, il comico Jimmy Kimmel: se punti 10 euro, ne puoi portare a casa almeno €50 (€40+€10) e per questo sono andati tutti sul “novellino”.

Su Floyd Mayweather al massimo, se eri fortunato, ne vincevi €2.50/€3, con una puntata standard di 10 euro.

Il fatto è che… c’era una ragione se gli analisti e i banchi davano questa previsione.

Per chi non mastica di statistica, si potrebbe pensare che quella fosse una buona puntata, visto che prometteva la vincita più alta: tanto valeva rischiare lì.
In realtà non funziona proprio così: il banco non ha interesse a offrire molti soldi là dove sa di poter perdere, quindi vuole che sia l’altra possibilità a fare più “gola” e quella quota troppo bassa era un giudizio molto preciso.

2) La seconda ragione è che gli appassionati di MMA e le schiere di fan di McGregor, hanno puntato in blocco sul loro idolo, comunque più carismatico, a prescindere da ragionamenti sulle quote e sul relativo valore. Così facendo hanno totalmente sfalsato il mercato (a vantaggio degli scommettitori professionisti).

Ma perché tante attenzioni anche da parte di chi non ha mai seguito queste discipline?

UNA CAMPAGNA MEDIATICA PIÙ GRANDE DI QUALUNQUE FILM.

Nel calcio, si sa prima del inizio della stagione, quando è che due squadre si scontreranno. La maggiore o minore attesa del evento è data solo dalla loro posizione in classifica (se devono vincere un torneo o salvarsi dalla retrocessione) e dalla fama dei contendenti.

Un incontro tra combattenti professionisti è sempre un’incognita.
Più simile a un concerto, dove dei match minori scaldano il pubblico e a fine serata si affrontano i più famosi.
“Famosi” è la parola chiave, non basta il solo “forti”.

(foto di McGregor con Cristiano Ronaldo di Fight Clubbing)

Nei mesi precedenti a un grande match, gli atleti più carismatici diventano dei banditori d’asta che, con le loro uscite e battute, riescono ad alzare l’hype e quindi il prezzo di biglietti e acquisti online.

Con questi due campioni di carisma e goliardie, l’attesa si è rapidamente trasformata in un circo itinerante di eventi pubblici, con migliaia di persone smaniose di assistere ai loro scambi verbali e trovate folli, non diversamente da qualunque talk show televisivo.
La stessa televisione ha cavalcato pesantemente l’onda, perché eventi e interviste costavano relativamente poco e hanno attirato sempre più attenzione. Anche in questo caso, la parola d’ordine diventa: “Che si inventerà, sta volta, l’altro, in risposta?”.
Un enorme carrozzone che negli ultimi mesi ha cominciato semplicemente a infastidire il pubblico, con trovate sempre più plateali e coreografiche, ma che alla fine ha portato a muovere quel famigerato giro di affari di un miliardo di dollari.

Infine siamo al giro di boa.
Seconda metà del incontro.
È talmente tardi, da essere presto.
Gli spettatori italiani hanno urlato ai loro schermi per 20 minuti.
Se hanno guardato anche gli incontri precedenti, ore.
Non c’è più bisogno di altro caffè.
Tutti gli analisti sportivi hanno predetto la stessa cosa:
dovrebbe essere da questo momento che Mayweather prende il controllo del combattimento.
Si ricomincia.

DING!
6° ROUND
Per tutto il minuto di recupero, il Money Team si è solo complimentato con il suo atleta di punta.
La squadra di McGregor ha ripetuto un solo mantra: “All you get!” – Tutto quel che hai!

(In foto: Gli eroi portano il peso e le aspettative, a volte anche l’aiuto, di molte vite. Moltissime. Ma quando sono davanti all’avversario, sono sempre soli. Immancabilmente soli. Ferocemente soli. E nessuno al mondo, è più solo di un pugile al tappeto)

Il pubblico trattiene il fiato.
Keep it clean, guys! – Dice l’arbitro – Keep it clean! Keep it clean!
I nervi sono alle stelle.
3 volte di seguito – “Giocate pulito!”.

McGregor da tutto.
Attacca continuando a spostarsi lateralmente, per non dare il tempo all’avversario di rimetterlo al giogo della corta distanza.
Ma Mayweather non risponde, si pianta improvvisamente al suolo e si chiude a riccio. In una frazione di secondo succedono 3 cose.:

– The Notorius è alle sue spalle ma non ferma la grandinata di colpi. È un fallo insopportabile.
– L’arbitro si mette in mezzo.
– Money Mayweather tira due colpi dal basso, accecato dalla rabbia, mentre l’arbitro li sta ancora separando.

I fischi si alzano altissimi da una platea di 18.000 persone.
L’aria è pesante.
Mayweather si fa nettamente più aggressivo. Entra  dalla distanza con colpi molto duri al corpo e vince diversi, veloci, scambi ravvicinati, a discapito della mandibola dello sfidante.

Un possente destro.
Poi un altro.
Un altro ancora.
Il pubblico si alza in piedi.
Brama il sangue. Ne sente l’odore.
Il campione si è scatenato. Sta attaccando con durezza.
L’occhio sinistro di McGregor è gonfio. Fatica a tenere il gioco di gambe. Incassa un colpo dopo l’altro.
Le donne di Mayweather sono tutte in piedi.
Tutti i commentatori ripetono la stessa cosa quasi all’unisono:
“Questo non è il suo modo di combattere normale. Questo non è uno sfidante normale”.

McGregor non è un pugile, è vero. Ma non è neanche il campione più titolato della sua federazione, senza una ragione.
Para un diretto col gomito.
Guadagna un secondo
Ma un secondo gli basta.
Cambia stile. Non saltella più. Probabilmente neanche ci riuscirebbe.
Flette il corpo da lato ma colpisce dalla parte opposta. Avanza e colpisce sui fianchi. Si abbassa e punta un diretto al viso.
Ha perso di potenza ma ora riesce a bucargli la guardia e comunque quella stazza maggiore si dovrà pur sentire.

Ancora combinazioni rapidissime di Mayweather e risposte secche di McGregor.
Il campione gli ride in faccia, lo sfidante gli fa la linguaccia e gli espone il volto.
La folla è in delirio.
Tutti i fan di Mayweather incoraggiano il loro beniamino.
Una coro si alza:
“Floyd!”
“Floyd!”
“Floyd!”
McGregor evita un potente sinistro, ma viene raggiunto da un destro durissimo. Risponde con un diretto al volto, ma sfiora appena l’avversario che si strofina, beffardo, la fronte illesa, come se infastidito da una zanzara.
The Notorius gli risponde mettendosi ancora una volta le mani dietro la schiena ed esponendo il volto.
Un paio di scambi schivati abilmente da parte di entrambi e la campanella prende il posto del suono secco dei pugni.

A QUESTO PUNTO SOLO 3 COSE SONO CHIARE:
Mayweather ha totalmente cambiato strategia.
McGregor è senza fiato.
Chi aveva puntato i suoi soldi su un match breve resterà deluso, molto.


(foto Southland Post)

DING!
7° ROUND
Il volto di McGregor è gonfio. L’allenatore gli chiede di abbassare il ritmo – “Easy go”, mentre la squadra gli passa nervosamente il ghiaccio sul corpo.
L’angolo di Mayweather è decisamente più allegro.

L’inizio è molto più attendista e studiato.
Nessuno dei due è ansioso di saggiare ancora i colpi più possenti dell’avversario.
L’irlandese alza la guardia, aspetta gli attacchi del americano per poter rispondere.
Sono vicinissimi.
Troppo vicini.
Legano e Mayweather dà le spalle al arbitro. Porta dei montanti al corpo dell’avversario mentre sono ancora abbracciati, prima che l’arbitro se ne accorga e li separi.
Il fischi e i “buuu” del pubblico sono sovrastati solo dalle grida delle rispettive famiglie che li incoraggiano.

In questo round tutti stanno dando tutto.
I 2 guerrieri, la folla, gli amori.

Mayweather ha regalato i primi tre round a Mcgregor che ha fatto un inizio folgorante, ha colpito a stento anche nel quarto (pur totalizzando più punti), ma ha decisamente più energie ora e l’esperienza è dalla sua.

McGregor ha l’età e la grinta e nessuna intenzione di perdere un quarto round consecutivo. Prova a schivare, prova a legare, prova a parare, ma sembra che nulla basti.
L’avversario è troppo accurato e lui troppo stanco.
Torna a ripetere le azioni precedenti: guardia aperta, colpi imprevedibili e piccoli falli per far scomporre l’avversario. Ma è sempre più stanco.
Quando spinge o afferra il contendente, questi si chiude a riccio e non gli lascia spiragli, tanto che a un minuto dalla fine non gli resta che appoggiarsi al pugile per sorreggersi.

Solo una volta era arrivato così lontano in combattimento, era stata la battaglia più lunga della sua vita, contro Diaz l’uomo che lo aveva battuto, e quella volta l’aveva vinta ai punti.
Sta volta non gli entra più nemmeno un colpo.
Eppure non si ferma.

Retrocede qualche passo, ma se venisse chiuso in un angolo stavolta non avrebbe più chance. Prova a fintare e poi scatta lateralmente. Una mossa rischiosa che gli fa incassare un violentissimo gancio destro al volto, ma è meglio dell’alternativa.

Il pubblico sta saltando.
C’è chi sventaglia pugni all’aria.
Tutti urlano.
Dagli angoli degli allenatori e dalle fila dei parenti, le grida si sovrappongono.
È gioia, ferocia e… paura.

McGregor incassa un pugno dietro l’altro e risponde tirando contro di tutto, ma non serve a nulla.
È chiuso all’angolo. Di nuovo.
Mancano 10 secondi.
Non può finire così.
Si lancia sul avversario di peso. Lo afferra e lo rigira.
È fallo.
5 secondi
Li separa l’arbitro.
Suona la campana.

 

UNA BATTAGLIA COMBATTUTA FINO ALL’ULTIMO PUNTO, CHE NESSUNO VUOLE FINIRE AI PUNTI.

Oltre a chiedere dei guanti leggermente più piccoli, Conor McGregor aveva avanzato un’altra richiesta: che almeno uno dei giudici fosse europeo.
Viene scelto un giudice italiano, il bergamasco Cavalleri è l’unico arbitro e giudice europeo chiamato dalla WBC per i mondiali. Una nostra eccellenza sconosciuta ai più, l’unico in Europa con la licenza per Nevada, New York e California. Ha giudicato e diretto non meno di duecento incontri titolati, senza mai andare fuori verdetto.
Un record che non interromperà neanche quella fatidica sera.

Un’ottima scelta quindi, che non lascia McGregor a farsi valutare solo da tre giudici americani.
Tuttavia, se anche Cavalieri fosse stato il miglior vicino di casa nell’infanzia dell’irlandese, non gli sarebbe bastato. Il campione della UFC ha, infatti, vinto agilmente i primi tre round, ma è stato sconfitto negli ultimi quattro, vedendo addirittura un punteggio di 3 a 0 nel ultimo.

Inoltre deve anche lottare strenuamente contro azioni istintuali e movimenti interiorizzati in una vita nelle MMA. Un solo gesto avventato potrebbe dilapidare il suo guadagno già all’interno del ring, anche del 90%.
Sono state inserite delle apposite clausole che limitano “Notorius” nei colpi, che non possono, chiaramente, essere estranei al contesto della boxe.
Mesi e mesi di preparazione, le promesse pubbliche, gli sponsor, i sacrifici, la faccia nel chiedere per anni quest’opportunità…
Se non riuscisse a trattenere un automatismo, finirebbe tutto lì.
Su un ring blu di pugilato nel cuore di Las Vegas.

Non può contare su una vittoria ai punti né sul suo stesso addestramento.
Deve inventarsi qualcosa e ha meno di un minuto per riuscirci.

Mayweather ha altri piani.
Più che un diesel, sembra uno squalo che ha odorato il sangue. Il suo sguardo è in estasi da battaglia.
Il padre e allenatore gli dice di accelerare di “farlo ora”, ma il campione non risponde.
No.
Ride.
Lui ride.

DING!
8° ROUND

McGregor ha deciso di ripartire in quarta.
Si ripete, ancora una volta, la stessa scena vista altre mille: un attacco sul fianco, Mayweather si volta e si chiude a riccio e il lottaotre che si ritrova a colpire scompostamente l’avversario alle schiena.
Money viene richiamato per aver dato le spalle, ma intanto ha interrotto l’attacco avversario.
Gli animi si infiammano, entrambi finiscono per colpirsi più volte mentre sono in clinch.

Mayweather prova delle stoccate potenti, l’altro risponde col suo balletto circolare.
Credendo l’avversario troppo stanco, Pretty Boy viene sorpreso da due combinazioni al viso.
Le figlie di Mayweather urlano più forte di tutta la folla.
Ancora un cambio nel vento.
Il round che doveva essere a senso unico, diventa uno dei più duri.

McGregor si fa sempre più aggressivo, il pubblico lo incoraggia ma Mayweather continua a parare nove colpi su dieci e a restituirne con rabbia.
Il campione in carica prova di nuovo a chiudere lo sfidante all’angolo, ma questi fa una rapida torsione del busto, gli gira intorno e con due ganci al viso gli fa cambiare idea.
Mayweather insiste allora sui diretti dalla distanza: si avvicina il più possibile con i guantoni a protezione del viso, per poi anticipare i movimenti avversari, con affondi pesanti alla testa.

McGregor è paonazzo. Non si muove quasi più sulle gambe.
Eppure ancora non retrocede.
Continua a portare colpi che perlopiù si infrangono contro la famosa difesa perfetta.
Ha perso molta potenza.
A 5 secondi dalla fine centra l’avversario sul naso e in risposta riceve un sorriso beffardo.
Di nuovo lega e di nuovo colpisce il campione mentre l’arbitro li separa.
Mayweather è palesemente furioso e prova a fare un lungo passo in avanti.
McGregor non ha ancora rialzato la guardia.
Il round finisce e l’occhio del irlandese è stato decisamente salvato dalla campanella.

La parata di star che hanno acquistato il biglietto a bordo ring per 90.000 e oltre dollari, probabilmente lo ha fatto anche per avere una pubblicità non più costosa di altre. Ma le migliaia di fan che hanno speso cifre comunque considerevoli per portare il loro supporto, sono andati in visibilio e non hanno ancora un’assoluta certezza sul finale:
McGregor è riuscito a vincere il round e nel punteggio complessivo (non ufficiale, quello degli analisti) è sotto di un solo punto (86 a 85), ma ha pagato un prezzo alto per colmare quella distanza.
Mayweather è relativamente fresco e non ha riportato infortuni, eppure non ha dominato, incontrastato e incontrastabile, come tutti credevano.

Agli angoli, lo spettacolo che danno è profondamente diverso.
McGregor non riesce ancora a calmare il respiro quando la pausa finisce.
Mayweather ha finalmente risposto alle indicazioni del suo team ripetendo una sola frase:
“È ora. È questo il momento. Lo faccio ora”.

Qualunque sarà il suo terzo cambio di tattica lo aveva deciso già da tempo.
Non è un mistero…

Settimane prima, si era presentato in un noto casinò di Las Vegas per scommettere non solo sulla sua vittoria, ma precisamente che avrebbe trionfato al 9° round. Ne era certo.
400.000 dollari di certezza.

Puntare su se stessi è legittimo, ma l’amministrazione non ha voluto accettare la scommessa. Anche loro erano convinti che il campione avrebbe vinto con estrema facilità e temevano che si sarebbe impegnato al massimo solo per farlo prima del decimo round.
Troppo pericoloso, per loro, con quelle cifre in ballo.
Adirato, Money ha quindi dato la cifra a un amico fidato, arrivando a puntare fino a 100.000 dollari prima di essere fermati dal casinò.

La sconfitta di McGregor, per il casinò, non era in discussione. Era un fatto certo.
Era certo per il pubblico.
Era certo per gli esperti.
Era decisamente certo per Mayweather.

Era solo una questione di tempo.
Per l’esattezza: 9 round.

Difesa, nervi saldi e colpi precisi. Quando l’avversario è stanco, colpire.
Fino ad adesso ha funzionato abbastanza bene.
Ma ora il nono round è arrivato.
Mayweather ha condotto così quarantanove incontri da professionista.
E come Gengis Khan, non ha mai perso.
Il nono round…
il fatidico.
McGregor lo sa, come lo sanno tutti quanti:
non solo è un esordiente nella boxe, non solo sta combattendo da più a lungo di quanto abbia mai fatto, non solo ha un occhio gonfio, ma tra poco potrebbe venir umiliato davanti al mondo intero.

È un combattente abilissimo e un campione temuto, nessuno lo mette in discussione, ma potrebbe essere un leone entrato nella vasca degli squali.
E la trappola di Mayweather è pronta a scattare.

(foto di Pixabay)

DING!
9° ROUND

Ancora una volta, il principe venuto da lontano inizia il round attaccando subito con foga.
Ferisce il re al costato, poi lo chiude all’angolo.

Ancora una volta Mayweather si chiude in avanti per proteggersi.

Ancora una volta McGregor non riesce a gestire la cosa, si ritrova a sopra di lui, tenendolo con un braccio mentre lo colpisce al corpo con l’altro.

L’urlo atroce di una ragazzina, si alza dalla fila della famiglia del campione.
“He can’t do this!” il grido acuto di dolore misto a rabbia.
– “Non può farlo!”

L’arbitro sta rimproverando alacremente McGregor, ma alle sue spalle c’è l’americano che dice qualcosa all’avversario. L’irlandese, fuori di sé, lo colpisce al volto mentre l’arbitro lo sta ancora rimproverando.
È il caos.
Il pubblico si spinge per avvicinarsi.
Tutti urlano.

Ma ancora una volta vengono stupiti.

L’azione non riprende in modo forsennato, con furia cieca.
I due campioni riprovano, invece, la strategia provata in allenamento.

McGregor colpisce regolarmente i guantoni dell’avversario, ma stavolta sempre chiuso a protezione, senza sperticarsi in angoli complessi.
Così più volte: spera che, a un certo punto, anche il campione faccia un errore o gli cedano le spalle.

Mayweather cammina chiuso, con le mani attaccate alla testa, para i colpi possenti e avanza nella guardia ancora troppo larga dell’avversario; quando gli arriva attaccato, con i guantoni ancora poggiati sulla propria nuca ma il dorso che sfiora quella di McGregor, porta un montante e  per il resto pare e pasta.
Così più volte: sa che a un certo punto gli cederanno le gambe.

Il destino spesso è beffardo e il vento può soffiare lì dove nessuno pensava fosse possibile.
A volte i testardi stupiscono gli esperti e il destino stesso.
A volte.
Ma non questa volta
Non il nono round

McGregor è visibilmente provato.
Prova a muoversi con tutte le energie che gli sono rimaste…
non di meno, è sempre più fermo.
Orma non riesce minimamente più a superare la guardia avversaria e viene colpito a velocità sempre maggiore.
Poi inizia a barcollare…
si appoggia con la schiena alle corde…
e allora la trappola scatta.
Mayweather toglie ogni freno.

I pugni arrivano da tutte le parti.
Il lottatore prova costantemente a rispondere, ma le sue braccia non hanno più forza e il pugile avanza con fredda lucidità, caricando i macigni con tutta la rabbia che è concessa ad un uomo non ancora sazio.
Uno.
Due.
Ancora.
E ancora.
La testa di McGregor si scuote a destra e a sinistra.
Tenta nuovamente di legare, in fondo l’avversario si era ogni volta chiuso a riccio fino al arrivo del arbitro, avrebbe così il tempo di rifiatare…
Ogni volta… ma non quella.
Mayweather lo spinge via e continua a colpirlo al volto.
Segni rossi là dove giungono le sue mani. Il braccio sinistro dello sfidante fatica stare su, quindi gli martella a ripetizione sullo zigomo.
È una macchina perfetta: Rapido. Preciso. Costante…
Implacabile.

McGregor è visibilmente provato.
Gli occhi di sua moglie, un tempo azzurri, sono ora rossi e intrisi di lacrime.
Si volta.
“Non riesco a guardare”
La sorella si copre la bocca con le mani e trattiene un urlo sordo.
I lunghi capelli dorati che le circondano il volto, ne sottolineano ancor di più il pallore.
I giudici battono i 10 secondi.
Il pubblico è tutto in piedi.
Mayweather deve chiuderla subito, colpisce a ripetizione.
Idiretti fioccano senza sosta.
Un istante di pausa.
Poi si sente…
chiaro, distinto, spietato…
il suono secco del suo gancio sinistro.
La sorella di McGregor grida: “Resta in piedi”.
I figli di Mayweather stanno saltando scomposti:
“Sì! Sì! È di questo che parlavo!!”

Suona la campana.
È la tregua momentanea.
McGregor ha resistito al famigerato nono round… ma non si regge più in piedi, il suo volto è una maschera rossa e gonfia.
Mayweather ha dominato il round. Se la ride di gusto. Questo avversario è riuscito a reggere più di quel che pensava, ma poco importa: se prima era certo di vincere, ora è davvero tutta in discesa.

Si gode il momento.
L’ultima volta.
Tutta la famiglia gli è intorno, non c’è nessuno tra loro che non esploda di gioia, ma lui non li guarda.
Il suo sguardo si perde in alto.
È l’ultima volta che vedrà quelle luci.
L’ultima volta che calpesterà il suolo di un ring da protagonista.
Ha dedicato un’intera vita di sangue, sudore e sacrifici per quel ring. Ma ha ricevuto tanto indietro, più di chiunque altro. E ora è certo di una cosa, sta per aggiungere un altro tassello alla sua storia: abbattere il muro delle cinquanta vittorie, superare il 49-0 di Rocky Marciano.
Eppure nulla di tutto questo cambierà la fredda e improcrastinabile verità:
è finita.

Inizierà una nuova fase da imprenditore e i soldi saranno ancora i protagonisti… ma prima c’è un’ultima cosa che deve fare.
A separarlo dalla fine della sua carriera da combattente c’è un uomo strano, l’ultimo avversario.
E si è appena alzato in piedi.

Si fissano negli occhi senza parlare.
E per l’ultima volta… la campana suona.


Lo diciamo subito.
Non ci saranno un undicesimo e dodicesimo round, eppure nessuno dei due sfidanti assaporerà il tappeto.
Un’altra delle grandi stranezze di quella nottata.
E non sarà neanche l’ultima.
Lo stato d’animo e le raccomandazioni tra gli staff sono, ovviamente, profondamente differti ma questi moderni gladiatori hanno un comune unico pensiero: “Non cedere nulla. Non è finito niente. 3 minuti.”
Solo 3 minuti.

DING!
10° ROUND
Che sia il momento di andare giù, a McGregor non lo ha informato nessuno.
Con pochissime energie, movimenti lenti e nessun gioco di piedi, riprende ad attaccare Mayweather che con facilità si protegge da tutto e ancora resta composto, senza sprecarsi.
22 secondi così, poi legano di nuovo.
Sarà l’ultima volta.

Un destro potente, poi un sinistro, ancora un destro e adesso una raffica violentissima.
È Mayweather, ha abbandonato qualunque compostezza difensiva, il busto è interamente proiettato in avanti, per inseguire l’avversario che barcolla malamente indietro.
Milioni di persone in tutto il mondo si alzano in piedi all’unisono.
Il T-Mobile Arena esplode in un ruggito primitivo.

(foto da Vimeo)

È il delirio.
Grida disumane riecheggiano tra le colonne di acciaio e cemento.
Una gragnola di colpi si abbatte sul gladiatore più giovane che si regge, appoggiandosi, al campione dello stadio.
Prova a spingerlo via, ma sua maestà torna immediatamente alla carica, travolgendolo con foga.

Gli allenatori si sbracciano con tutte le loro energie, ma ormai è quasi impossibile sentirli nel turbinio confuso di rumori nello stadio.
Questo pubblico è schiacciato dalla stessa miseria della quotidianità di quello di 2000 anni fa, ma proprio in quel momento…
è vivo.
In quella cacofonia di suoni che si sovrappongono, la folla diventa tutt’uno con la sua arena.

La sorella di McGregor è pietrificata, la moglie si copre gli occhi con la mano.
I figli di Mayweather sono immobili e trattengono il fiato, la figlia chiude gli occhi e grida battendo convulsamente le mani su una ringhiera.
L’irlandese finisce alle corde, adesso ha 10 secondi per rispondere, tirando almeno un pugno o l’incontro verrà sospeso.

Un destro così forte che lo fa girare su un fianco.
Un montante che lo raddrizza.
The Notorius è ormai un sacco da colpi.
7 secondi.
Un diretto sinistro, poi un grande gancio destro.
Ancora una serie di ampi ganci destri.
4 secondi.
L’arbitro è vicino a loro pronto a intervenire.
Quando…

Quanto succede in quel momento, resterà nella storia dello sport.
A conclusione di una serata-show, ricca di contraddizioni e colpi di scena.

La moglie di McGregor ha ancora le lacrime che le rigano il viso pieno de neo-mamma, chiede alla cognata:
“È finita? È davvero finita?”
I figli di Mayweather hanno gli occhi fuori dalle orbite.
Urlano selvaggiamente.
Lo sconfitto chiede, con voce spezzata, come sia potuto concludersi così.
Quando è successo, aveva capito, dirà poi, che era finita ma sperava di riuscire a continuare e andarsene alla sua maniera.

Ma il vincitore non lo ascolta.
È in piedi sopra le corde.
Urla col poco fiato che gli è rimasto.
Un urlo primordiale.
Sincero come lo è solo il sangue.
Madido di sudore, alza le mani al cielo e viene travolto dall’onda di applausi.
Tutto.
Tutto ciò che ha fatto nella vita, lo ha porta lì, su quelle corde.
Ci saranno critiche.
Ci saranno giorni bui.
Ci saranno giorni in cui sarà dimenticato.
Ci saranno sconfitte nella vita.
Ma quel momento…
quel preciso momento cui ha dedicato ogni ora di veglia…
non potrà mai levarglielo nessuno.
È suo per sempre.

Prima di continuare a leggere, chi scrive consiglia vivamente di vedere, nel ordine proposto, i due brevissimi filmati successivi, non solo per chi non conosce il nome del vincitore, ma sopratutto per poter assistere alla fine di una lunga serata (di un lungo articolo), con gli occhi di chi ama realmente questi due atleti straordinari, non come carne da macello, ma come uomini nel loro privato:

Queste sono le immagini emozionanti di quel che hanno vissuto le famiglie di Conor “The Notorius” McGregor & Floyd “Money” Mayweather Jr.:

1° 

E ancora:


L’INCONTRO ERA UN BLUFF? COSA NE SARÀ DELL’EREDITÀ DI ROCKY MARCIANO? QUAL È IL FUTURO DEI DUE ATLETI E DEI RISPETTIVI SPORT? CHE IMPATTO HA AVUTO IL MATCH?

Questa storia ha 3 atti:
Il primo va cercato tanto nella narrazione del evento dei mesi precedenti, esso si estende lungo anni di  vicissitudini . Le tante scelte folli di una vita intera, che li hanno portati a chiudere quella serata.
Non si diventa campioni da record, senza una motivazione incrollabile. Non si diventa eroi, senza riuscire a trovare uno scopo lì dove gl’altri non vedevano niente.

Il secondo è il duello nell’arena.
Anch’esso si può si può scomporre in 3 momenti a ritroso:
da quel istante imprevisto, che ha inciso nella carne la fine di un sogno, all’inizio del nono round;  un lungo momento in cui la sfida era ancora apertissima; dal terzo al ingresso nell’arena, momento in cui, un occhio attento, avrebbe potuto prevedere le trame successive.

Infine, l’atto in cui i protagonisti sono muti e l’attore unico è il pubblico.
E nel mare in tempesta di polemiche e diatribe, poveri noi, siamo abbandonati a nuotare con le nostre sole forze.
<<E perché io dico “poveri noi”? Perché voi, il pubblico, ed altri sessantadue milioni di lettori, leggete me in questo istante!>> (Un endorsement da parte di Sidney Lumet a E-go Times?)

Vediamo perché i protagonisti siamo noi su tanti temi diversi.

(In quest’immagine, chi ha il potere reale? I gladiatori? L’imperatore? O la folla?)

PER ORDINE:
“Per il modo in cui è finito, potevano chiudere molto prima!” questa è una delle opinioni più diffuse, l’idea è che abbiano tirato per le lunghe solo per far show. Tra i più autorevoli portavoce italiani di questa teoria c’è il lottatore Alessio Sakara.
È assolutamente convinto che se Mayweather entrasse su un ring di MMA contro McGregor, verrebbe mangiato vivo nel arco di secondi ma che, come incontro di pugilato, questa sia stata una gran farsa. Egli fa un paragone con l’incontro di Miguel Cotto: uno scontro violentissimo del campione portoricano che, per usare un linguaggio tecnico, “mena come un fabbro”.
C’è però un punto debole in questa (condivisa) tesi: Cotto non è il campione dei campioni. Ha già perso, prima contro l’avversario leggendario di Mayweather, Manny Pacquiao, poi contro Money stesso.
Marvin Vettori, giovanissimo atleta italiano nella UFC, la vede in modo molto diverso dal suo collega, così come il più volte campione del mondo di Muay Thai, Jhon Wayne Parr, che ha sottolineato la difficoltà tecnica dello scontro.

COSA FARNE DEL RECORD DI MARCIANO È UNA QUESTIONE QUASI FILOSOFICA.

(Foto con i filosofi – Fight Clubbing)

Fingiamo di prenderci sul serio e facciamo quindi una prima distinzione, quella “Epistemologica”:
Ha senso paragonare un pugilato di più di 60 anni fa a uno così tanto diverso come quello odierno? Ma soprattutto: ha senso paragonare atleti che si passano più di 30 kg?

Scrive Nicolini:
<<Tornando ai due pugili, la prima distinzione è sul peso: Floyd ha combattuto fino a metà carriera nei superpiuma (130 libbre), Rocco Francis Marchegiano ha affrontato solo pesi massimi (ricordo che a quel tempo non esistevano i cruiser).

Per quanto belli e difficili siano i pesi più leggeri, non si può non ammettere che i devastanti pugni dei pesi massimi siano più selettivi e maggiormente portati a generare KO.

Non per nulla si è coniato per loro il nomignolo “giganti d’argilla”. Forse, più correttamente, Mayweather jr andrebbe valutato tra i suoi pari peso: a tal proposito ricordo che, prima di pareggiare contro Pernell Whitaker, Julio Cesar Chavez era sull’87-0 (!!). >>

Una seconda distinzione è di ordine “Gnoseologico”:

(in foto Sempre i filosofi della stessa scuola)

Chi può dire se un lottatore ha lo stesso valore di un altro? Uno vale uno oppure, fuori dal freddo calderone dei numeri, dovremmo valutare molto di più i nomi? Si possono paragonare i numeri, ma come si paragona il valore?

Sempre Nicolini:
<< Il massimo danese di dubbie qualità Brian Nielsen perse il proprio primo incontro sulla situazione di 46-0.

Floyd Mayweather, sicuramente campione di qualità sopraffina, ha tutto il resto del Pianeta Pugilato con cui confrontarsi, ma non può certo paragonare il proprio record alla carriera unica ed inarrivabile di Rocky Marciano, che dominò con 43 KO un’epoca costellata di autentici assassini del ring, quali Jersey Joe Walcott, Rex Layne, Johnny Shkor, Roland LaStarza, Ezzy Charles…
Come ultimo match di carriera, Rocky Marciano difese per la sesta volta il proprio titolo dei massimi, unico e indiscutibile, contro un portento di nome Archie Moore, proveniente quest’ultimo da una striscia infinita di successi.

Mayweather, due anni fa, scelse Andre Berto per andare sul 49-0, che degli ultimi sei incontri ne aveva persi tre.>>

L’ultima riflessione  di tipo “Esistenziale”:  

(In foto: dopo Heidegger e Camus, Mayweather e McGregor hanno meritato il diritto a veder riconosciuta la propria esistenza, mettendo a nudo la reciproca personalità, attraverso la verità del combattimento)

La vittoria di un campione sull’altro significa davvero la superiorità di uno stile?
Questa domanda, in Asia e in particolar modo nella Cina pre-rivoluzionaria, ha sempre avuto un peso immenso nel dibattito culturale. Da noi ha un riflesso molto più pragmatico: tolte le armi, con quale strumento mi converrebbe prepararmi nella lotta? Come studente? Come casalinga? Come agente? Come professionista?
Utilizzare più arti è preferibile a specializzarsi? E allora, se basta aggiungere, perché non autorizzare anche una lotta con morsi, dita negli occhi, colpi dietro la nuca e ai genitali?

Chi è più forte: Superman o Thor? Cos’è che uccide di più: Mcdonald’s o le sigarette? Chi corre di più, un motoscafo o una Ferrari? Chi fa più danni: Gozilla o il Tar del Lazio?

L’opinione di chi scrive è che ci si sta soffermando a osservare il dito, perdendo di vista la luna. Per uscirne bene da uno scontro per strada, probabilmente è molto più utile il Culturismo, che crea corpi poco funzionali alla lotta, ma che scoraggiano la maggior parte dei tentativi di aggressione fisica.
Il vero valore del pugilato è nella reattività.

Tirare un pugno, di per sé, è un qualcosa che si può imparare a fare già dopo pochi mesi di allenamento. Quello che cambia è l’abituarsi a restare lucidi e coordinati quando si è chiusi in un angolo, a saper cogliere una frazione di secondo anche dopo 30 minuti di battaglia e le gambe che vacillano.
Per parlare solo di sport olimpici, il valore del Taekwondo non è tanto nella potenza delle gambe o la flessibilità, ma riesce bene chi punta nella velocità e nell’abilità di sapersi prendere i rischi giusti (si danno spesso le spalle in calci anche 360° e più) al momento giusto; flessibilità che è un valore assoluto nel Judo, ma prima di tutto come capacità mentale.
Allo stesso modo, le MMA si prestano molto bene a chi fa dell’adattabilità e della consapevolezza cinestetica, il proprio punto di forza.

Siamo 7 miliardi di teste…

Non è un caso se ci si è dedicati molto di più (e prima), alla personalità di questi due uomini fuori dal comune.
Questa viaggia parallelamente al loro stile di combattimento.

Qual è la reale natura di quella serata?

Cos’era un combattimento o uno spettacolo?

In questo caso specifico, la distinzione non ha senso.
Nel avvicinare più persone alle due discipline, quel duello è stato una mano santa, ma altrettanto lo sono stati i mesi di show e follie che lo hanno preceduti. Senza le telecamere a celebrarli, senza i fan che sognavano di essere al loro posto, sarebbero stati solo 2 energumeni che se le danno di santa ragione.

Gli eccessi  e le follie degli eroi non gli sono solo permessi, gli sono esaltati: sono parte della loro essenza, senza l’uno non ci potrebbe essere l’altro.
Non è il combattimento che li ha divinizzati, è stato il tempo in cui noi non aspettavamo altro che quel combattimento, con la foga che a ogni anteprima motava e montava, a farlo.


(“Pugno Ergo Sum” – vorremmo scrivere qualcosa riguardo al fatto che i due sono esistiti grazie al combattimento e continuano a esistere grazie alla gloria raggiunta fuori dalla battaglia, ma ci limitiamo a dire che “Combatto” in latino si scrive proprio “Pugno” e che questo fa molto ridere)

Quindi che match è stato?

Valutiamo quel che possiamo:
– Non c’erano cinture o titoli in palio.
– Non sono previsti re-match per lo sconfitto.
– È già dato per assodato che, passati dalla (cospicua) riscossione in banca, uno tornerà alle Arti Marziali Miste e uno a vita privata.

– Mayweather, ha ormai superato i 40 anni. Ogni volta che si era ritirato dai combattimenti, è poi tornato attratto da borse esorbitanti, ma per quella sera erano quasi 2 anni che stava fuori dal ring. Presumibilmente non combatterà più e si dedicherà a tempo pieno alla sua attività di imprenditore e di promoter, oltre agli investimenti in finanza e in twerk (“sempre botte di c*lo” si può dire?), ha già sotto contratto alcuni dei giovani più interessanti del panorama mondiale.

– McGregor è un atleta all’apice della sua carriera e della sua forma fisica, campione indiscusso di MMA, resta comunque un esordiente assoluto nel mondo della boxe, al quale è stato concesso di affrontare il campione del mondo.
<<Conor tornerà in UFC, dove ci sono tanti lottatori che aspettano l’occasione di sfidarlo, da Ferguson a Nurmagomedov, dalla trilogia con Diaz al dream match con GSP. A 28 anni l’irlandese è sul tetto del mondo, il superfight con Floyd ha aumentato oltremodo la sua notorietà, e ha, davanti a se, ancora qualche anno di carriera. Tutti i combattenti delle MMA dovrebbero ringraziare Conor per l’aumento di visibilità e potere contrattuale che l’irlandese ha portato alle arti marziali miste.>> MMA Arena Blog

 

In effeti un anno prima, sempre lo stesso Nicolini scriveva:

<< Floyd Mayweather Jr., uno dei migliori pugili di ogni tempo.

Ho atteso lungamente una sua sconfitta, perché non mi piaceva il suo modo di boxare e, soprattutto, la sua arrogante maniera di porsi, ma Little Floyd, com’era chiamato durante l’infanzia, ha invece affrontato e battuto ogni avversario in ben cinque categorie di peso.

Tra i pugili da lui sconfitti figurano nomi di prim’ordine della boxe mondiale come Corrales, Castillo, Gatti, De La Hoya, Hatton, Marquez, Mosley, Cotto, Pacquiao.

Possiamo fare tutti i discorsi e trovare tutte le obiezioni, ma la verità è una sola e sta nei numeri del suo record: 49-0>>.

Eccola!
La posizione più attendibile.
Mayweather ha fatto di tutto per risultare odioso, ma è il campione, nessuno può negarlo.

La domanda va quindi rivolta a te, lettore, in caso di vittoria (puoi vedere i due video precedenti, prima di sapere come è finito il match), il suo record sarebbe da considerarsi superiore a quello di Marciano?


(In video, accesi dibattiti dottrinali tra la corrente “Esistenziale”, sul senso delle Arti Marziali e Sport da combattimento e quella “Esistentiva”, sul senso di quel incontro)

CHI HA VINTO PER DAVVERO?

Dopo quanto visto nei due video precedenti.

Se parliamo di Gloria e Onori:
quello per McGregor è uno scontro Win-Win, quanto per Mayweather è un chiaro Lose-Lose.

Se vince il lottatore di MMA, allora è il nuovo Goku, non gli è rimasto più nessuno (non è esattamente così, ma poco male) da battere. È il migliore in tutto quel che fa. Se perde, lo avrà fatto combattendo su un terreno ostile contro il più forte di tutti.
Se vince il pugile, il mondo gli dirà che era un finale scontato e una scelta facile e vigliacca, se perde contro un esordiente beh… ciao ciao sponsor!


(Nichilismo come Scopo, Distruzione come Essenza. La corrente relativistica post moderna ha superato tutto questo e le due scuole ci tengono a ribadirlo)

Se parliamo di Fan:
Beh, probabilmente Mayweather. Ha una base solida, anche se non certo ampia come quella dello sfidante. La differenza che sposta l’ago della bilancia è che per quest’incontro, tutti gli amanti del pugilato (compresi quanti non gli avevano ancora perdonato l’incontro contro Pacquaio) hanno fatto testuggine intorno al loro rappresentante.
McGregor, di contro ha puntato tutta la sua campagna mediatica, su toni di un’aggressività, che è passata dal divertente al eccessiva. Efficace in ottica di marketing, ma un possibile boomerang dal punto di vista delle pubbliche relazioni. Tra l’altro ha passato l’ultimo periodo a dedicarsi solo alla boxe. Se, una volta tornando alle MMA, perderà, rischia di venir considerato un Icaro.

Ma dobbiamo Ricordarci Una Cosa:
La più importante.
QUESTO È IL MONEY MATCH: una sola cosa contava davvero e su questo hanno entrambi portato a casa una vittoria assoluta.
McGregor era ricco e ora è più ricco.
Mayweather era ricchissimo e ora si è iscritto nella stessa scuola tuffi di Paperon De Paperoni.

CON LE CIFRE CHE MAYWEATHER E MCGREGOR HANNO MOSSO PER IL MATCH, CI SI POTREBBE FARE UNA GUERRA.

Sono state circa 5 milioni le persone ad aver acquistato il PPV (Pay-Per-View: l’acquisto del evento su TV o PC), per un ingresso stimato di ricavi televisivi di 495 milioni di dollari. L’incontro è stato visto, dal vivo, da 18mila persone, che hanno riempito la T-Mobile Arena di Las Vegas. I prezzi dei biglietti oscillavano tra i 3000 e i 100mila dollari.
A questi, sono da aggiungere gli sponsor e la mole mastodontica di scommesse a tutti i livelli.

Ben più di 2,9 milioni di persone collegate a 239 stream illegali la notte di quel sabato.


Nonostante questo, i milioni di spettatori onesti sono stati premiati. Il sito della trasmissione dell’evento, pur ottimizzato al meglio, non ha retto l’esorbitante folla di curiosi. In tutto il mondo, i telespettatori online hanno mandato in crash i server di UFC TV. Le proteste sono montate alle stelle e anche i service provider hanno avuto problemi.
Con un’etica calvinista, gli organizzatori hanno rimborsato, per intero, tutti gli spettatori che hanno lamentato problemi.
Chi vuole fare polemica ha molto margine di spazio.
Si è sicuramente trattato di uno show.
Chiariamo però una cosa:

chi, tra fan dell’ultimo momento e tra pugili veri, dice che avrebbe potuto facilmente battere McGregor, con l’esperienza di combattimento che questi ha, il corpo che gli permette quel tipo di prestazioni e lo staff di allenatori formato da eccellenze di tutto il mondo, lo fa con la medesima attendibilità di chi, nei bar, discute di politiche monetarie e la stessa utilità di chi fa la formazione della nazionale.
Con la sottile differenza che in questo caso, se gli fosse dato peso, rischierebbero molto di più.

Chi invece è rimasto deluso da Mayweather, dimentica diversi “sempre”:
dimentica che questi ha, fondamentalmente, sempre combattuto nello stesso modo e che sono stati molti i suoi incontri finiti in polemica.
Dimentica anche, il peso che lo stesso ha sempre dato a queste polemiche: il suo scopo non è mai stato accontentare il pubblico, solo portare a casa più punti del uomo che ha davanti.
Poi se il KO arrivava,si va a casa prima.
Dimentica sopratutto che ha sempre vinto, al contrario di chi lo ha affrontato con stili differenti dal suo.

Chi si voleva divertire, è stato accontentato da un match in cui entrambi i guerrieri hanno combattuto letteralmente fino all’ultimo secondo e che va semplicemente preso per quello che è: una rumorosa serata goliardica.

Se c’è una morale da portarci a casa è che dai tempi in cui Ali faceva i suoi show, oggi agli atleti si chiedono sempre più prestazioni galvanizzanti al di fuori del ring.

(in foto: il rimborso della UFC)

Ammesso che non tutti potrebbero (e soprattutto dovrebbero) essere dei banditori da mercante in fiera, dobbiamo constatare che anche lo sportivo italiano più carismatico, ha immense difficoltà a poter emergere.

Non si tratta solo della sterile querelle sugli stipendi dei calciatori, ma qualcosa di molto più complesso:
i nostri atleti hanno pochissime opportunità per crescere ed evolvere e noi pochissime opportunità per conoscerli e apprezzarli.

Non solo hanno una lingua sconosciuta all’estero ma, molto peggio, non hanno nessun modo di raggiungere il grande pubblico in patria.
Quanto spesso vengono invitati negli show? Nei reality? Intervistati? Anche solo criticati o fatti oggetto di battute?

Insomma, oltre al fatto che fanno pochissimi soldi (è difficilissimo essere uno studente o anche solo tirare a campare per la maggior parte di questi uomini e donne eccezionali). Sono costretti ad allenarsi con strutture inadatte e spesso a fare doppi lavori, ma soprattutto, non stando sotto i riflettori, hanno pochissime opportunità di ricevere sponsor e ambire a sfide di respiro più ampio.
Quindi ancora meno visibilità e sempre meno opportunità.

È un cane che si morde la coda, ma anche su questo il giudice ultimo sono solo i fan.
Più saremo disposti a seguire i nostri atleti, fosse anche solo sulle loro pagine social, a condividere e supportare le loro imprese, più occasioni gli verranno concesse di ripagarci con lustri e lacrime di gioia.

E tu, lettore, che giudice sei?
Lascerai che siano sempre le altre nazioni a dominare le classifiche?
Condannerai o salverai gli sportivi di oggi e domani?
Qual è la tua sentenza?

LA RISPOSTA ALLA DOMANDA FONDAMENTALE  SULLA VITA, IL COMBATTIMENTO E TUTTO QUANTO

Per i fan dell scrittore Douglas Adams, no, non è 42.
Scrivere un altro articolo per raccontare, come mille altri, quel match è abbastanza inutile anche se non fosse stato fatto con un mese di ritardo. Forse è più sensato scrivere di un qualcosa che valga la pena di essere letto anche tra 10 anni.

Siamo partiti da questo incontro così famoso, per prendere 3 strade:

– Il rapporto del atleta con il suo pubblico.
Noi tutti viviamo schiacciati dal peso della quotidianità  e un grande evento sportivo non è una fuga dalla realtà. No, non avrebbe senso. Molto di più, quando tifo per la mia squadra di calcio, io smetto di essere soltanto io e divento parte di una comunità molto più grande che soffre e trionfa insieme a me.
Allo stesso modo durante le Olimpiadi. Così, quando supporto un gladiatore invece di un altro, io sto esaltando quelle qualità e quelle caratteristiche che per i miei valori e la mia vita, sono importanti e, soprattutto, nel farlo mi sto unendo a migliaia che condividono quelle caratteristiche e qualità.
Ancor più forte è legato l’atleta alla folla. Lui esiste, lì in quel momento, perché loro lo hanno permesso. Gli altri potranno supportare qualcun altro, ma se per lui non ci sarà nessuno nell’arena, sarà un picchiatore ma cesserà di esistere come atleta.

Abbiamo visto che questo significa che il pubblico ha un reale potere e, finalmente,  è tornato ad avere una responsabilità.

– Il rapporto tra l’atleta e sé stesso come essere umano.
Col suo essere uomo autentico nelle sue fragilità e nelle sue mancanze. Ma anche con la sua fibra morale e il carisma, che non lo riducono più ad un mero pezzo di carne, in grado di prendere e dare dolore. Il loro modo di muoversi sul campo è indistinguibile e indistricabile da quello nella vita.

Abbiamo visto anche chi riesce a vedere oltre il personaggio, a chi conosce un’immagine diversa da quella che restituisce l’avarizia di uno specchio. Le persone che li amano come individui e che sanno rispondere alla durezza di una vita di spigoli, con la tenerezza calda di un abbraccio.

– In fine il rapporto tra un atleta e un eroe.
Un grande campione è molto più grande di sé stesso. Realizzare un’impresa unica, che sfida le leggi del corpo e le catene della mente, non è solo un’utopia di Galeano.
È speranza.
È avere davanti agli occhi la prova tangibile che un qualcosa di immenso può trovare una sua collocazione. Che quella fame, quel bisogno di bellezza incredibile non solo non sei il solo a provarlo, ma c’è anche chi gli ha trovato una risposta.

Abbiamo visto che non è un assistere miseri, davanti ad una persona più grande di noi, ma è una sfida che ci viene gettata in un modo che ci dice continuamente che non valiamo la considerazione.

Forse l’unica cosa che dovrebbero fare davvero, i fan, è ringraziare.

“Un ringraziamento a Floyd Mayweather Jr e Conor McGregor per lo spettacolo offerto e per tutte le emozioni che sono riusciti a regalarci in questi lunghi mesi di attesa.

In due sono riusciti, come mai nessuno prima d’ora, a catalizzare l’attenzione di tutti i media e del mondo intero mostrando a tutti, seppur in piccola parte, la grandezza degli sport da combattimento e riuscendo per una volta a metter in secondo piano, dal punto di vista mediatico, tutti gli altri Sport.” (da Fight)

(Foto di Pexels )

Grazie!

Matteo Merolla

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Foto di copertina: Мейуедър удря десен прав на Макгрегър di Beckham pz10 con licenza CC BY-SA 4.0 

Leila Tavi

Leila Tavi is a journalist specialized in Russian Politics and Culture and PhD c. in Russian History at the University of Vienna under the supervision of Prof. Andreas Kappeler. She studied Political Science in Vienna and Rome, graduating in History of Eastern Europe at Roma Tre University, with Prof. Francesco Guida and a thesis on travel reports about Saint Petersburg by West Europeans at the beginning of the XIX Century. Previously she obtained a degree in Foreign Languages, with a specialization in German Philology at the University of Rome «La Sapienza». Her new book "East of the Danube" is coming soon.